venerdì 2 gennaio 2009

COSTUMANZE NOSTRE

COSTUMANZE NOSTRE - LE TRADIZIONI POPOLARI

… Raccolgo alcune tradizioni che il nostro popolo conserva … usi e credenze … avanzi di vecchie superstizioni … e qualche altro ricordo delle antiche usanze in alcune ricorrenze religiose. Nei primi decenni del'900, sulle pagine de “La festa di S. Ellero” di Galeata, compaiono alcuni articoli a firma Mevaniolus (Don Mambrini), che trattano di costumanze nostre comuni un po’ a tutto il territorio tosco-romagnolo che già a quei tempi andavano scomparendo:

Per la festa di S. Antonio Abate che si celebra nella domenica più prossima al 17 gennaio, al mattino si benedice in chiesa il pane ed il sale: il sale diviso in tanti piccoli involti di carta si distribuisce ai fedeli e poi si dà alle bestie, ed il pane, diviso in pagnottelle d'una forma tutta speciale, viene mangiato in ogni famiglia, a digiuno per devozione …

Per S. Biagio si benediscono la frutta, fra cui tante mandorle quanti sono i familiari, che le portano in tasca con devozione da un anno all'altro per essere liberi dalle cadute …

Nella domenica delle Palme si mena in giro per il paese il bue grasso che dovrà essere macellato e venduto per domenica seguente. Viene scelto il più robusto vitello e … nel giorno ridetto, adornato con gualdrappe, nastri, fiori e lustrini, è condotto da un robusto garzone attraverso le nostre strade, tra lo schiamazzo di monelli pei quali la passeggiata della morte per la povera bestia è motivo di sollazzo e di baldoria …


Per la notte di Natale in ogni casa si pone sul focolare un zocco o ciocco che si tiene acceso per tre giorni … si crede che ad ogni focolare la Madonna vada a riscaldare il suo bambino …Dopo i tre giorni l'avanzo del ceppo portasi nella vigna o nel campo perché siano liberi dallla tempesta …


Dal saggio di “Canti popolari raccolti sui monti della Romagna-Toscana” di Paolo Fabbri veniamo a sapere che non tutte le feste dei campagnoli sono puramente cristiane … la sera avanti l'Epifania, nei nostri villaggi, un branco di ragazzi, facendo un chiasso indiavolato per mezzo di campane, coperchi, vasi di stagno e di rame tolti dalla cucina, sonando corni e pezzi di canna chiusi da un parte con della carta, tirano pei veicoli del villaggio, sopra un carretto, una vecchia fatta di cenci e di stoppa, che è la Befana. Arrivati in mezzo alla piazzetta, appiccano il fuoco alla vecchia che va in fiamme, in mezzo alle grida, agli urli ed alle rusticane scampanate …


Ancor più colorita è la scena che Mevaniolus descrive per Galeata precisando che, si compiva anche negli altri paesi … A notte inoltrata per tutto il paese si fa girare il carro della Befana. Esso è ornato di frasche, di nastri e di lumi e vi è dentro un concerto più nutrito e più serio di quello campagnolo. Sul davanti siede in mezzo una maschera vestita di bianco, la quale rappresenta una vecchia smorfiosa che fila colla rocca, mentre due befanotti tentano a più riprese di bruciarle il mannocchio di stoppa. Il carro è preceduto e seguito da turbe di monelli che strepitano e si rincorrono per ogni verso. La scena continua durante il giro di tutto il paese … soffermandosi alle porte delle case principali, alle quali bussa un buffone mascherato che cavalca un asino e chiede doni. …
Mi piace riferire le strofette che ho potuto raccogliere dalle più tenaci memorie dei vecchi … Il canto s'inizia al di fuori, presso la porta di casa. Dopo aver accenato al mistero, ben sapendo che le famiglie hanno l'uso di ammazzare il maiale in quella circostanza, si chiede qualche cosa al riguardo:
Da lontano l'abbiamo saputo
che il baghino ammazato l'avete, (baghino = maiale)
qualche cosa ci darete:
o zuzezza o murtadela, (zuzezza = salsiccia)
viva viva la Pasquela.
La preghiera si fa poi più insistente e garbata per muovere meglio a compassione:
la Befana poverina
sostentate con qualcosa
non ha panni, non ha dota,
si marita domattina
la Befana poverina.
S'insiste poi nella domanda di doni:
Az vlì dé n'a livra ed lena (ci volete dare una libbra di lana)
per fè el chelzi a la befena ? (per far le calze alla befana ?)
Az vlì dé n'a livra ed len (ci volete dare una libbra di lino)
per n'a camisa ai cantaren ? (per una camicia ai canterini ?)
Dateci una fetta di prosciutto,
se non avete il coltel datelo tutto.
Se ci volete far 'na cortesia
fatela preso, vogliamo andar via.
Fasì prest a vri la porta (fate presto aprite la porta)
ché a qua fora u iè la morta : (che qui fuori c'è la morta:)
in cà vostra u iè l'alagria (in casa vostra c'è l'allegria)
viva Pasqua Epifania.
Andè zu in t'la staletta, (Andate giù nella stalletta,)
per purtez 'na galinetta, (per portarci una gallinetta,)
galinetta o galinela (gallinetta o gallinella)
viva viva la Pasquela.
Guai a chi osasse offrire doni non graditi:
Badè ben c'an feva a posta, (state attenti a non fare finta,)
c'an purteva su la cioza, (non portateci su la chioccia,)
saria arvena per ca vostra, (sarebbe rovina per casa vostra,)
per ca vostra e per ca mia (per casa vostra per casa mia)
viva Pasqua Epifania.
I cantori entrano in casa e l' arzdor o reggitore della famiglia offre premurosamente qualche cosa e gli ospiti intonano le strofe di ringraziamento beneaugurando a qualcuno della casa stessa:
In questa casa c'è una sposa
bianca e rossa come una rosa,
c'la vo fè un bel bamben, (che vuole fare un bel bambino,)
e su fus 'na bambinela (e se fosse una bambinella)
viva viva la Pasquela

Nel saggio “Etnofonia di Romagna” del 1938, Francesco Balilla Pratella, ci offre altre e più dettagliate informazioni per l'Epifania … specialmente nei paesi di montagna vicini ai confini toscani era in uso di andare in giro per le case di campagna a cantar la Pasquela. … Un'allegra brigata, formata di giovani e … di una minuscola orchestra popolare - violino, od organino a mantice, o clarinetto, accompagnoti o no dalla chitarra, o dal treppiedi … comincia a farsi sentire:
la Pasquela la vèn ogn'ann (La Pasquella viene ogni anno)
quand la vèn la vò un salém (quando viene vuole un salame)
la vò un salém o una murtadela (vuole un salame o una mortadella)
eviva eviva la Pasquela …


L'orchestrina completa la canzone con un ballo: e' balèt … La brigata conclude il suo giro con una sbornia solenne; e il domani, giorno dell'Epifania, grande mangiata in comune dei salami e delle altre cibarie avute in dono, e sbornia riconfermata …

Per San Martino, festa che cade l’11 novembre di ogni anno, si continua tutt’ora in Romagna la tradizione di spillare il vino nuovo, travasarlo a luna buona e a celebrarne la festività con copiose mangiate e bevute, nelle case, nelle osterie e in particolare nelle fiere di piazza. Banditore della fiera sono gli squilli cupi tratti dai corni di bue. (così descrive il Balilla Pratella la festa di bècch - dei cornuti) … Ancora poco tempo fa vigeva l'usanza di recarsi in branco sotto le finestre dei mariti … illustri per le prodezze delle mogli, o fama d'esser tali, … e quivi chiamar ad alta voce e per nome tali, dando fiato a … un fracasso indiavolato … e seguiva una canzoncina cantata da tutta la ragazzaglia e a squarciagola:
Il giorno di san Martèn (il giorno di san Martino)
tòtt i bècche i va a la fira (tutti i cornuti vanno alla fiera)
dundèla, dudèla, dundòun (dondella, dondella, dondon)
E chi ch'è bècch, l'è bècch, (E chi è cornuto, è cornuto)
chi ch'è bècch è va a la fira (e chi è cornuto va alla fiera)
dundèla, dudèla, dundòun (dondella, dondella, dondon)
La credenza popolare vuole poi che alla fine della notte si scioglierà la tregenda e i covenuti, troveranno poi con molto stento la via del ritorno, impigliandosi con le corna in tutte le siepi, nei filari delle viti, nei pagliai.

Sempre in tema di consuetudini popolari, laiche e profane, dal saggio del Fabbri “scopriamo” che … tale è certamente il chiasso che talora i contadini fanno al tempo della battitura: quando abbiano bevuto assai, prendono il capo della famiglia, e lo portano a cavalcioni della botte: questo è il Bacco a cavallo della botte. Li si spilla vino, si beve, si salta, si canta, si urla …
Sulla fine del Carnevale … come costumanza singolare delle nostre campagne: due ragazzi, l'uno con una camicia bianca e con un'alta berretta conica di carta a vari colori, sormontata da un mazzo di penne, l'altro vestito ordinariamente col paniere sotto il braccio, vanno di casa in casa a chiedere la carità del Carnevale. All'avvicinarsi salutano la casa ripetendo la seguente cantilena:
Questa, questa è la casina bona
Pel pover carneval,
Che se ne vuol andar:
Io, io !
Alla partenza, se hanno ricevuto il tozzo di pane, dicono:
Questa, questa è la casina bona …
Se non hanno ricevuto nulla, dicono invece:
Questa, questa è la casina bruciata ...
con quel che segue.

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